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Aspettando l’8 marzo – La donna nel Corano

1. In Italia e in generale in Europa si parla spesso, con toni sempre accesi e commiserazione nel migliore dei casi, della “condizione della donna nell’Islam”. I più chiamano in causa il Corano, un Libro tanto nominato quanto sconosciuto, senza mai distinguere tra affermazioni coraniche vere e proprie e le tradizioni o le consuetudini dei paesi che si richiamano alla religione islamica. Per di più, le affermazioni contenute nel Corano vengono normalmente equiparate alle normative attualmente vigenti nei paesi occidentali, e non, come invece sarebbe opportuno, alle altre Scritture sacre.

Parlando del velo – il baluardo della “subordinazione femminile nell’Islam” – pochi ricordano, per esempio, le parole dell’apostolo Paolo alla comunità di Corinto: «Se dunque una donna non vuole coprirsi, si tagli anche i capelli! Ma se è vergogna per una donna tagliarsi i capelli o radersi, allora si copra. L’uomo non deve coprirsi il capo, perché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell’uomo. […]. Non è forse la natura stessa a insegnarci che è indecoroso per l’uomo lasciarsi crescere i capelli, mentre è una gloria per la donna lasciarseli crescere? La chioma le è stata data a guisa di velo» (1Cor 11, 6-15).

E non tutti sanno che il Corano ignora la storia della costola, storia che plasticamente, e violentemente, insegna la subalternità della donna all’uomo, e invece dichiara che uomo e donna sono stati creati insieme, da un’ “anima unica” (nafs wâhida, al femminile nell’originale arabo), alla quale seguì “il compagno” (zawj, maschile nell’originale).

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2. Nel Corano non c’è traccia dell’immagine negativa della donna che, nel racconto biblico della Genesi, la rende l’istigatrice del peccato di Adamo. Questo Libro rappresenta invece la coppia originaria, Adamo ed Eva, come due esseri corrispondenti tra loro, complementari, e identici nelle parole che pronunciano e nelle azioni che compiono. Il tentatore è per entrambi Satana e insieme, l’uomo e la donna, sono vittime del suo bisbiglio: si avvicinano all’albero proibito, si accorgono del peccato e insieme chiedono perdono a Dio. Significativamente, l’intero racconto nell’originale arabo impiega verbi alla forma duale: “Disse Dio: «Mangiate dove volete ma non avvicinatevi a quest’albero, sareste dei colpevoli.» Satana bisbigliò loro nel cuore per mostrare loro le vergogne nascoste […]. Quando gustarono dei frutti dell’albero si accorsero delle loro vergogne e presero a coprirsi con delle foglie del giardino. Il loro Signore li chiamò. Disse: «Non vi avevo proibito di avvicinarvi a quell’albero? non vi avevo detto che Satana è un chiaro nemico per voi?». Risposero: «Signore nostro, abbiamo fatto torto a noi stessi, se Tu non ci perdonerai e non avrai compassione di noi, saremo perduti»” (Corano 7:19-25).

Ancora sulla dignità della donna nel libro sacro dell’Islam: il Corano è forse l’unica Scrittura sacra che chiama direttamente anche le donne e non solo gli uomini all’osservanza degli stessi precetti religiosi, trattando tutti come soggetti di uguale responsabilità e quindi ugualmente meritevoli del Paradiso. Per esempio, nella sura – o capitolo – delle Fazioni Alleate (Corano 33:35) si legge: «Gli uomini e le donne sottomessi al Signore, i credenti e le credenti, i devoti e le devote, gli uomini che dicono la verità e le donne che dicono l a verità, gli uomini e le donne che hanno pazienza, che hanno umiltà, che versano l’elemosina e digiunano e conservano la castità e spesso rammentano il nome di Dio, per tutti Dio ha preparato un perdono e una generosa ricompensa».

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3. Nella sura “delle Donne” si legge che «gli uomini sono preposti alle donne» (Corano 4,32). E’ un’affermazione molto nota e continuamente citata, spesso senza considerare il contesto in cui compare: infatti questa priorità maschile non è generalizzata, ma rientra in un discorso strettamente giuridico, relativo in particolare alle quote ereditarie: al figlio maschio spetta una quota doppia rispetto alla figlia femmina, perché ha l’obbligo di mantenere decorosamente la moglie qualunque sia la condizione finanziaria della donna.

Un altra affermazione simile compare nella sura della Vacca: «Le donne si comportino come ci si comporta con loro, come si conviene, ma gli uomini sono un gradino sopra di loro, e Dio è potente e saggio» (Corano 2,228). Queste parole esprimono prima reciprocità e poi subordinazione femminile, e in questo ricordano un’esortazione di S. Paolo alla Chiesa di Efeso: «Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo. Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore, il marito è infatti il capo della moglie […]» (Ef, 5,21-23).

Ma nel Corano non si tratta di un’affermazione generica perché il contesto è nuovamente giuridico: si tratta infatti del ripudio, il divorzio unilaterale (talâq), che privilegia l’uomo perché gli permette di riprendere moglie in tempi più brevi di quelli richiesti alla donna per prendere un nuovo marito; la donna dovrà infatti attendere tre mesi in più per accertarsi di non avere una gravidanza in corso ed evitare così la confusio sanguinis. 

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4. Ancora nella sura delle Donne si legge che «le donne buone sono devote a Dio e custodiscono ciò che è nascosto, come Dio custodisce (Corano, 4,34)». È un passo molto interessante, per due motivi. Primo, perché la figura femminile compare definitivamente come soggetto e non come oggetto di custodia; secondo, perché ciò che la donna custodisce è il “nascosto”, “quello che sfugge” o è “assente”, in arabo ghayb. Ghayb è un termine importantissimo nel Corano: questo Libro lo impiega normalmente per esprimere il Mistero, l’Arcano che sfugge alla conoscenza delle creature umane, ciò che Dio solo conosce. Nella sura delle Greggi si legge per esempio: «Presso di Lui sono le chiavi del Mistero che nessuno conosce tranne Lui, Egli conosce quel che è sulla terra e quel che è nel mare (Corano 6,59)»; e anche: “A Lui appartiene il regno nel giorno in cui la tromba squillerà, Egli è colui che conosce il mistero e il visibile, Egli è il saggio informato di tutto” (Corano 6,73). Oppure, nella sura di Giona, «il mistero appartiene a Dio» (10:20). Quindi, chi legge questo brano nell’originale arabo facendo attenzione alle parole impiegate si accorge che alla donna è attribuito un rango elevatissimo, perché Dio le ha affidato un compito – quello di custodire il ghayb – tanto importante da essere simile al Proprio.

Il Corano, come ogni testo sacro, è stato variamente interpretato nei diversi tempi e luoghi, e ogni suo brano, soprattutto se enigmatico come questo, ha ricevuto molteplici spiegazioni, a volte perfino contraddittorie tra loro. In questo caso, la spiegazione che si è maggiormente affermata è la seguente: la donna buona è colei che custodisce la casa, il denaro e l’onore del marito quando egli è assente, e soprattutto custodisce se stessa dall’adulterio, senza fare nulla che dispiacerebbe al marito se fosse presente e la vedesse.

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5. Come si è visto, il Corano parla delle donne e – diversamente da altre Scritture – si rivolge direttamente alle donne in quanto parte integrante e a pieno titolo della comunità dei credenti. Ma cita per nome una donna sola, cioè Maria – Maryam, che compare in questo Libro più di trenta volte, per lo più nell’ “espressione Maria madre di Gesù”. Maria dà inoltre il titolo alla diciannovesima sura. Il Corano parla del suo periodo di servizio nel Tempio, durante il quale ricevette miracolose provviste di cibo; e poi dell’annunciazione, della concezione, delle calunnie di cui rimase vittima, del suo conseguente ritiro in un “luogo a oriente”, del suo dolore per le doglie del parto, e infine della prodigiosa comparsa di un ruscello ai suoi piedi e di un tronco secco di palma improvvisamente carico di datteri maturi per alleviarla dalla sete e dalla fame. In tutti i casi Maria appare come un ritratto del perfetto credente: le sue principali caratteristiche – la paziente sottomissione, l’umiltà, la serena accettazione del decreto divino senza – sono infatti quelle che l’Islam richiede al buon musulmano.

Tra i passi mariologici più interessanti c’è quello che riporta le parole dell’annunciazione: «Ricorda quando gli angeli dissero a Maria: Maria! In verità Dio ti ha prescelta, e ti ha purificata, e ti ha prescelta su tutte le donne del creato» (Corano 3,42). Questa elezione “su tutte le donne del creato” ha sempre suscitato l’attenzione dei commentatori coranici: significa che Maria è considerata superiore a ogni singola donna, dalla creazione fino alla fine del mondo? E’ dunque superiore anche alle donne che hanno conosciuto la rivelazione islamica portata dal Profeta Muhammad nel VII secolo? Di qui, l’idea che Maria possa considerarsi una musulmana ante litteram. D’altro canto, la convinzione che sottende il Corano è che l’Islam sia la religione originaria, quella di Adamo e di Abramo, e che musulmani debbano considerarsi i pii di ogni tempo.

(Fine)

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